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domenica 9 novembre 2014

Metro 2033: La fantascienza all'ombra del Cremlino



Siamo abituati, udendo di autori russi,  a pensare ai grandi scrittori del passato, Tolstoj e Dostoevskij su tutti, non trovando una congiunzione tra l'ambiente russo e opere di fantascienza su un futuro distopico.

In quel ramo da padroni l'hanno sempre fatta gli americani e i nipponici, come non ricordare la miriade di produzioni cinematografiche, letterarie e ludiche? I giapponesi con i loro celeberrimi manga hanno colonizzato mezzo mondo e l'ambientazione post-atomica, usata spesso dai nipponici, viene ripresa in Metro 2033, trovando concorrenza nella emergente fantascienza russa.

Il nesso tra la Russia e la fantascienza futurista ci è offerto dal “Tolkien” russo, Dmitry Glukhovsky, l'autore di Metro 2033. Premiato per le sue opere, è un giovane poliglotta ed è anche giornalista. Egli ha creato un vero e proprio universo, ispirando e invitando altri autori a seguirlo in opere che presuppongono viaggio nei meandri dell'inconscio umano, ambientato in situazioni estreme, un viaggio sia letterario che ludico, visto che, prendendo spunto da Metro 2033, è stato creato un videogioco riuscitissimo.

Il mondo è devastato da un conflitto di immani proporzioni, in cui non sono state risparmiate le più terribili armi mai concepite da mente umana, quelle nucleari e batteriologiche. Gli abitanti sopravvissuti di Mosca hanno trovato rifugio nell'immensa metropolitana moscovita, ignorando il destino del resto del mondo, ma esso oramai ha un'importanza nulla, visto che al di fuori delle gallerie sotterranee non è più possibile vivere, a causa dell'ambiente post nucleare ostile. Poche migliaia di sopravvissuti, si sono organizzati in comunità, riprendendo in scala infinitesimale, l'organizzazione e persino l'evoluzione storica del mondo prebellico.

La varie stazioni sotterranee sono diventante vere e proprie città stato, amiche per via di alleanze, divise dalle ideologie e unite dal medesimo destino: garantire la sopravvivenza all'umanità.
La metropolitana diventa un crogiuolo in cui si ritrova di tutto, dai nazisti del “Quarto Reich”, alla “Linea  Rossa” leninista, dai ribelli trotzkisti ai seguaci di “Geova”, passando per la “Lega Anseatica”, ricca grazie al commercio ed infine il cuore della nuova civiltà, la Polis, illuminata a dovere e dove i libri assumono importanza quasi divina, mentre la comunità è divisa in caste :

 “C'è la casta dei sacerdoti, detti anche guardiani della conoscenza, che raccolgono libri e ci lavorano […] poi c'è la casta dei guerrieri, cioè coloro che proteggono e difendono. E' molto simile a quella che avevano in India, dove c'era anche una casta di mercanti e servitori. Ci sono anche qui, le chiamiamo tutte con i nomi indù: i sacerdoti sono i Bramini, i soldati gli Kshatrya, i mercanti sono i Vaishya, mentre i servitori si chiamano Shudra” (1).

 La popolazione, suddivisa tra le varie stazioni, si è adattata alle circostanze, vivendo in luoghi più agiati o meno abbienti, perlopiù formati da stazioni indipendenti e di piccole dimensioni, situate alla periferia, in cui l'illuminazione è scarna e limitata allo stretto necessario.
In un contesto del genere la sopravvivenza risulta difficile, ma non impossibile, si sono create fattorie in cui si allevano galline e maiali, alimentati da organismi che non necessitano di luce solare, i funghi, visto che gli uomini oramai del Sole hanno solo un pallido ricordo. Dai funghi si è riuscito ad estrarre un infuso, un vero e proprio tè, tanto amato dai russi, usato come merce di scambio nei commerci sottoterra. Il denaro è stato sostituito dalle cartucce delle armi, bene preziosissimo laggiù, mentre l'acqua viene filtrata grazie a filtri. Questi residui di civiltà hanno per contorno anche l'immancabile degrado, tipico dell'imperfezione della società umana, in cui vi sono sacche di persone che si alimentano coi ratti, considerarli persino una leccornia, e che concederebbero i loro piccoli a tizi poco raccomandabili pur di avere un corrispettivo adeguato, la sopravvivenza non ammette ostacoli etici di sorta.

Non mancano le guerre, né la presenza di commercianti, briganti e criminali, immancabili nel contesto umano, ma oltre ad essi vi sono gli “stalker”:

 “Tutti gli stalker diventavano leggende viventi, paragonabili a dèi in terra, a cui chiunque  degli abitanti della Metro, dal più giovane al più anziano, guardava con stupore rapito” (2).

 L'umanità per sopravvivere non ha potuto recidere del tutto il cordone ombelicale con il mondo in superficie, tutto ciò che occorre ad esso viene da sopra, carburante, munizioni, strutture e anche i libri, reliquie preziosissime per il mantenimento del sapere umano per i caduti in disgrazia. Coloro che hanno il fegato di affrontare le mille insidie del mondo esterno per reperire quei beni preziosi, sono appunto gli Stalker. Equipaggiati di tutto punto, con maschere antigas, tute protettive ed armati fino ai denti, sfidano la morte per garantire la continuità al genere umano.
Gli uomini ovviamente non sono gli unici a sopravvivere, oltre ai ratti, che sovente attaccavano in massa le persone e da cui è stato salvato Artyom, il protagonista della storia, vi sono creature mutate dalle radiazioni, enormi uccelli predatori, ma anche esseri che non potevano essere considerati animali, esseri dalle pelle nera, dalla forza incredibile e dagli occhi scuri come gli abissi, risultato della pazzia umana scatenata con le radiazioni delle terribili armi atomiche. Essi sono un vero e proprio incubo per gli uomini, tormentati nei loro sogni, i cui vedono la loro esistenza minacciata da queste creature che rasentano il demoniaco, capaci di intorpidire la mente.

Artyom si ritrova a compiere una missione, che lo scuoterà nel profondo dell'animo, in cui fino all'ultimo momento sarà assalito da dubbi amletici. Egli sarà accompagnato da personaggi di misteriosi, che gli infondono forza, ma gli creano anche interrogativi tremendi, aiutandolo a compiere il suo destino, a cui egli stesso non crede:

“Il destino non esiste, all'uomo accadono solo avvenimenti casuali, poi siamo noi a trarne le conclusioni” (3).

Una storia davvero coinvolgente, che fa riemergere un certo retroterra culturale proprio dei russi, un vero e proprio spaccato sulla storia della Russia, in cui riaffiorano anche nemici ed ambiguità del passato. Essa stuzzica la mente di chi ama la storia, la politica e la fantascienza, ma anche di chi ama scuotere il proprio inconscio con le domande più impegnative che tentano di spiegare l'esistenza umana.

Un romanzo decisamente all'altezza della fama di cui gode, un vero e proprio “rompighiaccio” nel panorama delle opere letterarie russe.

06-11-2014

Riferimenti:

1) capitolo 12 “la Polis”, pagina 374.

2) capitolo 2 “Il cacciatore”, pagina 45.

3) capitolo 11 “Non ci credo”, pagina 354.

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